CHI È IOLANDA MINOLI?

Iolanda Minoli è stata ed è una pioniera in Italia nel trattamento e nell’assistenza ai neonati a rischio.
Iolanda racconta:

“Tutto è iniziato in un lontano passato quando, appena laureata, fui mandata a frequentare per sei mesi di pratica ostetrica l’Ospedale Macedonio Melloni di Milano. Il primo giorno di frequenza mi fecero entrare in una sala parto ove era in atto un parto con applicazione di ventosa. Non avevo mai visto un parto né un’applicazione di ventosa! Mi trovai in un corridoio della sala parto su un lettino volante: ero svenuta! L’unico svenimento della mia vita!!!! Un medico ostetrico, parlando in milanese, mi disse: “vieni giù di lì. Invece di assistere la mamma che sta per partorire, abbiamo dovuto raccattare te da terra. Non sei adatta a lavorare in Sala Parto” e mi portò per mano nel Reparto “Centro Pilota per l’assistenza ai bambini immaturi” primo e pressoché unico in Italia ove si assistevano i prematuri in allevamento, diretto dal grande professore Marcello Bernardi.

A quell’epoca, si era a metà degli anni ’60, la mortalità di questi neonati si aggirava sul 50-60%. Avevo studiato sui libri chi erano quei piccolini, ma il vederli fu uno shock inimmaginabile che mi portò a un ragionamento e ad una decisione che cambiò la mia vita: avendo scelto di diventare medico in primo luogo per aiutare con amore qualunque creatura sofferente, il mio ragionamento fu: “se questi piccolini che alla nascita si presentano in condizioni gravissime non sopravvivono, per i genitori è un dolore immenso. Ma ancora più grande è il dolore se sopravvivono handicappati”. Fu questo pensiero che mi fece decidere di dedicarmi a loro per sempre: avevo trovato la mia strada e dissi a me stessa: “ la percorrerò finchè vivrò, con passione, volontà ferrea e ottimismo”.

LA CAPOSALA SUOR CLOTILDE ACCANTO A UNA CULLA TERMOSTATICA BRUSA-TERZANO IN USO NEGLI ANNI 60

LA CAPOSALA SUOR CLOTILDE ACCANTO A UNA CULLA TERMOSTATICA BRUSA-TERZANO IN USO NEGLI ANNI 60

Il professor Marcello Bernardi lasciò il Centro verso la metà degli anni ’60. Quindi rimasi sola con due ottime vigilatrici d’infanzia, Ester Passamonti e Giovanna Sanzeni, e una bravissima caposala, suor Clotilde. Ma cosa fare per migliorare l’assistenza ai prematuri e a tutti gli altri neonati a rischio? Anche nelle altre nazioni la possibilità di vita di questi bambini erano difficili, ma qualcosa di più si faceva. Quindi decisi di andare in Finlandia ove l’assistenza ai prematuri si diceva essere di ottimo livello. Infatti nella Clinica Pediatrica dell’Ospedale Universitario di Helsinki, vi era il prof. Carl Rähiä, allievo del prof. Ylppö che per primo al mondo aveva suddiviso i prematuri secondo il peso alla nascita e di conseguenza secondo la gravità. Vi andai nell'ottobre del 1962 e vi ritornai nel 1963 e nel 1964. Imparai molte cose piccole e grandi, che quando tornai in Italia sconvolsero i colleghi.

Avevo portato dalla Finlandia:

  • la conoscenza dell’acidosi metabolica nel bambino asfittico e la grande importanza del suo trattamento
  • il grande valore del latte materno
  • un ago a farfalla, il primo in Italia.

L’ago a farfalla non era come quelli che tutti usano ora, perchè aveva una specie di anicino come le piccole liquirizie dei bambini, al posto delle due alucce. Era l’unico del reparto e l’unico d’Italia: immaginate il scegliere per “chi” usarlo e il continuare a disinfettarlo, dovendolo usare per diversi bambini ogni giorno. Tutti i medici e gli infermieri dell’ospedale venivano a vederlo. Era utilissimo per eseguire le fleboclisi attraverso i sottilissimi vasi sanguigni del capo dei bambini con acidosi respiratoria e metabolica per correggere il famoso pH.

DUE NURSES ACCANTO A UNA CULLA TERMOSTATICA “ISOLETTE” IN USO NEGLI ANNI 70

DUE NURSES ACCANTO A UNA CULLA TERMOSTATICA “ISOLETTE” IN USO NEGLI ANNI 70

Tutto questo rappresentava  una rivoluzione e un notevole progresso nell’assistenza ai neonati.
Il problema più grave da risolvere però era il trattamento dell’insufficienza respiratoria. Fu allora che imparammo a intubare i bambini. A quell'epoca nessuno intubava i prematuri: eravamo negli anni 1965-1966. Ma intubati, poi come fare per farli respirare? Incominciammo ad usare un ventilatore manuale, l’AMBU, un palloncino da stringere ritmicamente con la mano per far arrivare l’aria nei polmoni. Era faticoso e non si riusciva ad usarlo per più di mezz’ora per rianimare quei piccoli esserini che arrivavano esanimi dalla sala parto. Ma bisognava continuare per ore e, allora, come fare? Inventai i turni, con tanto di quaderno ove erano segnati le ore della giornata e i nomi dei volontari che arrivavano ad aiutarci: fra questi vi erano anche i genitori di bambini che erano stati ricoverati nel nostro reparto e, guariti, erano andati a casa.
Poi andai e mandai le mie infermiere a Zurigo dal prof. Peter Dangel, a Szeged dal prof. Domoko Boda, a Basilea dal prof. F. Rohner, a Berlino dal prof. Erich Saling, a Parigi dal prof. Fournet, a Sheffield dai proff. John Emery e David Milner, per imparare  nuove tecniche.

Fu per noi di grande aiuto un bio-ingegnere di Basilea, Alexander Hawrylenko che ci monitorizzò il reparto, sia per le funzioni cardiache, ma soprattutto per l’individuazione delle apnee ricorrenti del prematuro. ….una meraviglia: era il 1969! Hawrylenko attrezzò il reparto con pompe per perfusione, apparecchi per determinazioni ematiche con micro metodi e apnea-monitor per aiutare imediatamente un bambino che non respirava. Inoltre, organizzò un sistema per la preparazione del latte, sia materno che artificiale, con sterilizzazione e incapsulamento dei biberon in cappa sterile. Ognuna di queste attrezzature era stata da lui progettata e realizzata.

In seguito conobbi la prof.ssa Mary Ellen Avery di Boston che si era dedicata al trattamento dell’insufficienza respiratoria dei prematuri, a causa della quale era morto anche il piccolo baby Kennedy. Venne realizzato da un gruppo di bio-ingegneri, biochimici e dalla prof.ssa M.E. Avery un respiratore (Bourns) proprio per la cura dei neonati affetti da insufficienza respiratoria. Riuscimmo ad avere nel nostro reparto il primo respiratore Bourns arrivato in Europa.

Mary Ellen Avery scoprì poi anche la causa dell’insufficienza respiratoria che colpiva i prematuri: la malattia delle membrane jaline causate dalla mancanza di surfactant e fummo i primi in Europa a usare il surfactant.

I miglioramenti furono enormi. Dal 1969 ai primissimi anni ’70 formai il primo gruppo di neonatologi capaci di trattare i neonati con problemi.

IL PRIMO RESPIRATORE BOURNS GIUNTO IN EUROPA IN FUNZIONE NELLA MATERNITÀ MACEDONIO MELLONI A PARTIRE DALL’INIZIO DEGLI ANNI 70

IL PRIMO RESPIRATORE BOURNS GIUNTO IN EUROPA IN FUNZIONE NELLA MATERNITÀ MACEDONIO MELLONI A PARTIRE DALL’INIZIO DEGLI ANNI 70

Con passione profonda e volontà ferrea riuscii, in pochi anni a partire dal 1971, a creare in Italia la prima “Divisione di Patologia Perinatale” con l’”Unità Neonatale di Terapia Intensiva” presso l’ospedale Macedonio Melloni di Milano con un gruppo formato da 12 medici, 30 nurses specializzate e 6 ausiliarie. I medici, oltre che in pediatria, avevano anche la specialità e soprattutto l’esperienza acquisita in campi indispensabili per l’allevamento di questi neonati e precisamente in rianimazione, neurologia, alimentazione, radiologia, follow-up. Avevamo anche il supporto di eccellenti ostetrici, cardiologi, oculisti e chirurghi pediatri, nonché di un anatomo patologo, il dott. Orazio Leopardi che aveva acquisito una grande esperienza nel campo dei neonati a rischio presso il prof. John Emery di Sheffield.  Ognuno di questi aveva acquisito la propria esperienza in Centri di Terapia Intensiva Neonatale all’estero.

Il reparto era dotato anche di:

  • “isola neonatale”, zona sterile della Sala Parto ove era sempre presente un medico del reparto e una nurse specializzata per assistere immediatamente il neonato alla nascita
  • servizio di trasporto dei bambini nati in Ospedali ove non vi era la Terapia Intensiva Neonatale. Venivano trasportati con ambulanze dotate di attrezzature come un “posto” di terapia intensiva neonatale. I trasporti venivano effettuati anche in aereo ed elicottero dall’Italia e dall’estero
  • sala ove potevano essere eseguiti piccoli interventi chirurgici
  • servizio di follow-up ove i bambini venivano seguiti anche fino a 16 anni, secondo le necessità
  • servizio settimanale di supporto ai genitori.

 

Nella nostra Divisione di Patologia Perinatale, divenuto centro di riferimento internazionale, abbiamo assistito più di 18.000 neonati a rischio provenienti dall’Italia e dall’estero.
In questo modo venne aperta la strada per la creazione della neonatologia in Italia, ma soprattutto della “terapia intensiva neonatale”.

LE CAPOSALA ESTER PASSAMONTI E GIOVANNA SANZENI ACCANTO AD UNA CULLA ISOLETTE

LE CAPOSALA ESTER PASSAMONTI E GIOVANNA SANZENI ACCANTO AD UNA CULLA ISOLETTE

Nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale la Nurse è una figura importantissima per assistere e allevare i neonati con problemi, perché vive tutto il giorno col bambino.
Riuscii a realizzare in Italia un corso della durata di un anno per specializzazione delle vigilitraci d’infanzia in terapia intensiva neonatale, che durò dal 1972 al 1978.

Incominciammo anche ad organizzare Corsi Internazionali per il neonatologo e la sua nurse.

Il primo Corso Internazionale di terapia intensiva neonatle per il binomio neonatologo-nurse ebbe luogo il 5 maggio 1975. L’aula era di 70 posti e pensavo:”chissà se riusciremo ad avere 70 iscritti tra medici e nurses!?”. Le domande d’iscrizione furono più di 500! Non potrò mai dimenticarlo! Lo dovemmo ripetere due volte nell’anno, la seconda il 9 novembre 1975, per accontentare qualcuno di più…..!

I primi tre Corsi Internazionali (1975 - 1976) si tennero tutti a Milano e i Relatori furono solo europei. Vennero moltissimi dall'Italia e dall'estero a frequentare i Corsi, giovani dottori  che divennero poi famosi primari e cattedrattici.

I Corsi consistevano in una parte teorica, tenuta dai Relatori del nostro gruppo e dal altri conosciuti in altre nazioni europee, e in una parte pratica, tenuta, dopo la parte teorica, nel nostro Ospedale dai nostri dottori.
Nella parte teorica aveva sempre partecipato quache mia nurse.
Dal quarto Corso, tenutosi nel maggio del 1977, iniziarono a venire a tenere le lezioni nella parte teorica Relatori extraeuropei che non erano mai venuti in Italia: erano fra i più famosi del monso, specialmente provenenti dagli U.S.A.
Dal 12° Corso Internazionale, il nome venne cambiato in "Simposio" e in tutto furono 19.
Il 19° Simposio Internazionale fu effettuato nell'ottobre del 2000.
Furono più di 6000 (pediatri, neonatologi, anestesisti, rianimatori, ostetrici e nurses) coloro che ci frequentarono, provenienti dall'Italia e dall'estero.
Nel 2004 con il mio gruppo organizzai a Milano il primo Congresso in Italia sul trattamento dell'asfissia neonatale con l'ipotermia. Relatori furono i più esperti del mondo sull'argomento.